14 maggio 2008

4 maggio 2008

Whispers for Wolves - "Language of the Dards…" (Boring Machines, 2008)

Davvero difficile non pensare alla musicista americana Melissa Moore come a un incrocio fra Diamanda Galas e Richard Bishop (musicalmente dico, se no sarebbe inguardabile). Eppure nei tre lunghi brani che compongono questo “Language of the Dards…” è proprio il fingerpicking del chitarrista dei Sun City Cirls che sembra passare attraverso le mani della Moore, così come la voce umanissima e spettrale che attraversa l’inziale The Collective Darkness non può non ricordare quella di Diamanda Galas. Ma questi sono solo solo gli elementi che più saltano all’occhio di un album ambizioso che sa spostarsi con naturalezza dall’elettro-acustica al folk più visionario (per la cronaca compare anche un oboe nepalese) dando vita a una musica in cui sapersi muovere sembra essere prerogativa di pochi. Sorprende soprattutto la bellezza di un pezzo come Kuu Aari Hassu in cui la chitarra si arrampica all’infinito su un fondale in continuo movimento fatto di rumoraglia e avvistamenti, con un crescendo che viene mozzato improvvisamente dopo dodici minuti di mantra chitarristico. Posta come architrave dell’intero disco questa composizione permette così alle frequenze disturbate della conslusiva The WomanEagle di fungere da semplice coda. La natura rituale, inquietante e ciclica di questo suono lascia senz’altro spazio a ulteriori sperimentazioni, tanto che non meraviglia scoprire che per Melissa la musica è solo una parte di un ampio percorso artistico che include scultura e installazioni. In ogni caso il talento c'è ma sarà dura ritagliarsi un proprio spazio all'interno di una "scena" in cui tutti fanno tutto e pubblicano di tutto e in cui certi suoni sono ormai moneta corrente.