Qualcuno di voi si ricorda di Libythth? No, eh? Maledizione. Allora un piccolo ripasso: quando ero giovane – vado per i 30, sapete… – Libythth era un mio eroe e un mio amico di penna (digitale, si intende): pubblicò un paio di cd, che poi erano cdr ma all’epoca ci si vergognava a dirlo, per una delle mie etichette preferite in ambito elettronico o presunto tale, la Phthalo, la stessa che aveva pubblicato Massaccesi e il primo disco di Daedelus (quando ancora non si era dato al gay-hop). Era il 2000, 2001, e il buon Libythth partoriva un paio di dischi dai titoli assurdi e dai suoni pure, del genere drum machine imbufalita e musichette giocattolo a cascata, roba che oltre che scema era pure tutta di corsa, tutta a rotta di collo, e per giunta tutta completamente analogica (anzi, i pad della drum machine erano suonati dal vivo, mica programmati!): un casino, ecco.
Perché parlo di Libythth, quindi? Perché appena infilato nella piastra questo nastro dei Blue Sabbath Black Fiji ed è partita Ouhouh, mi è tornato in mente lui. Stesso guazzabuglio circense, stessi schiamazzi, stesso invasamento, persino stesso titolo stupido. Il tutto in chiave leggermente più free-form, se così si può dire, ma insomma, il termine di paragone non è propriamente un esempio di linearità. Non conosco molto altro di questo duo che, perdipiù, non ho nemmeno ben capito se al momento risieda a Parigi o a Glasgow, ma quella contenuta in “The Night Hawk” è una musica molto ritmica, una specie di (ehm…) weird electro che se proprio vogliamo trovare anime affini nel panorama merdifero attuale rimanda a nomi del tipo Dreamcatcher, Unicorn Hard-On & co. Il rumore c’è, ci mancherebbe, ma è un rumore che interviene perché non può farne altrimenti visto l’impiastro di beat, synth trogloditi ed effettini sci-fi che ne è alla fonte. La realtà è che è musica allegra, saltellante, spiritosa, e ovviamente anche storta, figuriamoci. A volte assomiglia a una balzana forma di micromusic irrancidita. A volte le chitarre (ah sì, perché dopotutto questa è musica per chitarre, anche se non sembra) paiono Snakefinger che dà lezione ai ragazzini dall’Aldilà Residentsiano ove presumibilmente egli si trova. E forse in mezzo c’è persino qualche tentativo danzereccio, del genere “discoteca per mongoloidi” più che altro, che poi è l’unica musica che vale la pena ballare. “The Night Hawk” (a proposito, il brano omonimo è una specie di shoegaze per le macchine come lo suonerebbe Blevin Blectum se solo usasse una Roland al posto del laptop) è probabilmente la mia uscita Dokuro preferita. Non scherzo, veramente. Adoro questo nastro. Che devo dire di più? Qui li potete vedere dal vivo:
... ma mi tocca dirvi che la performance qui sopra, con la cassetta in questione, c'entra pochino. Ah, che poi, spinto dai Black Sabbath/Fiji, dalla curiosità, e un po’ pure dalla nostalgia, ho scoperto una cosa: e cioè che Libythth è tornato! A sette anni di distanza dal suo ultimo album, a luglio è uscito un nuovo cd, ancora per Pththalo (che tra l’altro credevo defunta). Vedi tu, i casi della vita.