6 settembre 2008

Blue Sabbath Black Fiji - The Night Hawk (Dokuro, 2008)

Qualcuno di voi si ricorda di Libythth? No, eh? Maledizione. Allora un piccolo ripasso: quando ero giovane – vado per i 30, sapete… – Libythth era un mio eroe e un mio amico di penna (digitale, si intende): pubblicò un paio di cd, che poi erano cdr ma all’epoca ci si vergognava a dirlo, per una delle mie etichette preferite in ambito elettronico o presunto tale, la Phthalo, la stessa che aveva pubblicato Massaccesi e il primo disco di Daedelus (quando ancora non si era dato al gay-hop). Era il 2000, 2001, e il buon Libythth partoriva un paio di dischi dai titoli assurdi e dai suoni pure, del genere drum machine imbufalita e musichette giocattolo a cascata, roba che oltre che scema era pure tutta di corsa, tutta a rotta di collo, e per giunta tutta completamente analogica (anzi, i pad della drum machine erano suonati dal vivo, mica programmati!): un casino, ecco.

Perché parlo di Libythth, quindi? Perché appena infilato nella piastra questo nastro dei Blue Sabbath Black Fiji ed è partita Ouhouh, mi è tornato in mente lui. Stesso guazzabuglio circense, stessi schiamazzi, stesso invasamento, persino stesso titolo stupido. Il tutto in chiave leggermente più free-form, se così si può dire, ma insomma, il termine di paragone non è propriamente un esempio di linearità. Non conosco molto altro di questo duo che, perdipiù, non ho nemmeno ben capito se al momento risieda a Parigi o a Glasgow, ma quella contenuta in “The Night Hawk” è una musica molto ritmica, una specie di (ehm…) weird electro che se proprio vogliamo trovare anime affini nel panorama merdifero attuale rimanda a nomi del tipo Dreamcatcher, Unicorn Hard-On & co. Il rumore c’è, ci mancherebbe, ma è un rumore che interviene perché non può farne altrimenti visto l’impiastro di beat, synth trogloditi ed effettini sci-fi che ne è alla fonte. La realtà è che è musica allegra, saltellante, spiritosa, e ovviamente anche storta, figuriamoci. A volte assomiglia a una balzana forma di micromusic irrancidita. A volte le chitarre (ah sì, perché dopotutto questa è musica per chitarre, anche se non sembra) paiono Snakefinger che dà lezione ai ragazzini dall’Aldilà Residentsiano ove presumibilmente egli si trova. E forse in mezzo c’è persino qualche tentativo danzereccio, del genere “discoteca per mongoloidi” più che altro, che poi è l’unica musica che vale la pena ballare. “The Night Hawk” (a proposito, il brano omonimo è una specie di shoegaze per le macchine come lo suonerebbe Blevin Blectum se solo usasse una Roland al posto del laptop) è probabilmente la mia uscita Dokuro preferita. Non scherzo, veramente. Adoro questo nastro. Che devo dire di più? Qui li potete vedere dal vivo:


... ma mi tocca dirvi che la performance qui sopra, con la cassetta in questione, c'entra pochino. Ah, che poi, spinto dai Black Sabbath/Fiji, dalla curiosità, e un po’ pure dalla nostalgia, ho scoperto una cosa: e cioè che Libythth è tornato! A sette anni di distanza dal suo ultimo album, a luglio è uscito un nuovo cd, ancora per Pththalo (che tra l’altro credevo defunta). Vedi tu, i casi della vita.



2 commenti:

Anonimo ha detto...

straordinario.

Anonimo ha detto...

Uh, pensa te, mi ricordo... Era un tizio che si vestiva tipo i Residents, dal vivo aveva un sacco di roba, mi pare... Parliamo di 4 o 5 anni fa, mi ricordo solo le foto, non sono mai riuscito ad ascoltare un cippa di quest'uomo. In effetti Pththalo si sentiva nominare spesso durante lo scorso lustro, poi l'oblio. Grazie comunque per l'amarcord, mi ha ringiovanito, pure io vado per i 30... Tutta la mia solidarietà.