C’è una cosa che dovreste sapere prima di acquistare questo album, ma anche (e forse soprattutto) prima di ridurlo (o scaricarlo) in mp3. Questo album contiene fantasmi.
Letteralmente, e adesso vi spiego perché. Ho le prove inconfutabili.
Siccome stiamo ad agosto e dacchè non posso più riempire sacchi di barbabietole durante l’estate mi ritrovo a dover fare i conti con la spiacevole contingenza di dover fare le ferie i primi 15 di agosto. Naturalmente la situazione mi ha colto impreparato e siccome non sono aduso a programmare le ferie con quei 4 mesi di anticipo mi ritrovo a casa, immerso in un caldo pernicioso e con nulla in giro da fare che non siano concerti di salsa, sfilate di moda provinciali, feste sfinenti e barcollanti sulla spiaggia e passeggiate scialbe e guardare le magliette e le scarpe che tirano quest’anno (e nessuno pensa mai ai calzini!). Ad ogni modo
Il punto è che finalmente mi ritrovo per le orecchie un bel po’ di sano stoned-folk sbrodolante psichedelia e solitudine. Niente di meglio come sottofondo per le mie escursioni notturne alla ricerca del fresco nelle strade spoglie e tra le case meno ovvie della mia cittadina. Bello, fresco e riconciliante. Capita poi che me ne torno a casa, piuttosto tardi, e mi butto a letto dopo aver riposto, spento, sul comodino il lettore di mp3 reduce da una sessione di una cinquantina di minuti del folk disastrato di Foole. Fuori c’è vento, le tapparelle sbattono e si sente qualche sibilo. Forse addirittura troppi, tant’è che aprendo gli occhi scorgo una terrorizzante luce blu alla mia destra. Mi levo abbastanza di soprassalto e scopro che il lettore si era acceso e dalle cuffie provenivano gli ululati acustici di Foole. Forse non l’avevo spento bene. Lo spengo di nuovo e mi rigiro ma tempo altri 3 minuti e il fenomeno si ripresenta. Accendo la luce, scuoto la testa e spengo nuovamente il lettore, curandomi di premere il tasto di spegnimento più a lungo del necessario. Chiuso e mi rimetto a letto ma, manco a dirlo, ancora una volta gli echi del wild-folk di “Kissing the Contemporary Bliss” si ripresentano al mio orecchio sinistro. A questo punto smembro letteralmente il lettore e gli levo pure le pile. Quella notte poi ho dormito fino a mattina. I fantasmi almeno delle pile hanno bisogno.
Vorreste poi sapere della musica? Beh, per quanto mi riguarda è la cosa migliore di Foole, grande anche per i suoi innumerevoli difetti.
Dell’uomo si sanno all’incirca queste cose: Dan Ireton classe 1950 pare che abbia alle spalle un’esperienza estemporanea in una garage-band nei 60’s, nell’area di Boston in cui ancora risiede. Negli 80 realizza due album e qualche singolo coi Din, che di fatto erano il Volcano Suns, formazione di Peter Prescott, ex batterista dei Mission of Burma (i quali furono la backing band di Foole nei suoi primissimi singoli). In questi dischi, improntati a un rock aggressivo dalle tinte post-punk ma nella sostanza non poco tradizionalista e memore dei ’60, spicca soprattutto la voce autoritaria, non bella e nemmeno troppo intonata, di Foole che ha una capacità spiccata e probabilmente innata di conferire drammaticità a quello che canta. Negli anni ’90 i Din faranno un altro disco (che non ho ascoltato) e la formazione annovererà gente come Thurston Moore, Chris Corsano e i Pelt.
Da solista il suo primo album, “In The Quest Of Tense” del ’94, pare che abbia colpito in profondità parecchie orecchie (cioè, il disco ha venduto un cazzo, ma è arrivato alle orecchie giuste): almeno Matt Valentine, i Charalambides, Jack Rose e Ben Chasny, gli uomini chiave della New Weird America e del festival di Brattleboro, al quale partecipò Foole, ovviamente, ma anche un vecchio ancora più vecchio come Michael “The Snock” Hurley. “In The Quest Of Tense” è piuttosto simile a “Blue Corpse” di Jandek (tra i preferiti di sempre di Christina Carter, guarda un po’), nel suo afflato buckelyiano e nella sua solitudine disperata. Le differenze sono che Foole cerca di suonare leggermente meglio del roscio texano e che con la voce emette vocalizzi liberi e animaleschi, a loro modo persino lievi, che non esistono nell’ancor più monocromatica musica del “collega”.
Ad ogni modo questo “Kissing the Contemporary Bliss” è il secondo disco realizzato da Foole con Valentine e
Che dire, trattasi di folk acustico tradizionalissimo dilatato e disastrato a dovere, con qualche sporadica accelerazione slide (la dylaniana Girl From The North Country), impregnato di voci livide e fantasmi veri (l’impaurito astrattismo di Above Ground Friend , prossimo al Keiji Haino sublime e lunare di “To start with, let's remove the color”), qualche parentesi strumentale più lieve e interlocutoria in mezzo ai cocci rotti, ai giochi di specchi elettrici e ai sommessi e per lo più irriconoscibili omaggi ai maestri (oltre a Dylan anche Robert Johnson, Washington Phillips e Gus Cannon
3 commenti:
tempismo perfetto, come la recensione del resto.
Scopro adesso che Coot Moon dovrebbe essere uno pseudonimo di Matt Valentine...
si, pseudonimo utilizzato pure in una compilation di sound poetry della golden lab:
secondlayer.co.uk/index/p6254.htm
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