22 giugno 2009

Marble Sky - The Sad Return (Students of Decay, 2009)

Come tanti altri musicisti d'oltreoceano Jeff Witscher non è uno che se ne sta con le mani in mano. Probabilmente estemporaneo, ma genuino, il culto che si è creato col tempo intorno alle sue produzioni, con cassette spesso limitate a sole cinquanta copie di cui, peraltro, si dà notizia all'interno di una mailing-list altrettanto ristretta. Questa dimensione appartata rende problematico a volte mettere le mani su nastri e vinili, anche per chi ha pazienza di seguirne le evoluzioni. Non sempre è facile, oltretutto, scovare i numerosi progetti che porta avanti a suo nome o sotto mentite spoglie (Secret Abuse e Impregnable su tutti), senza contare le collaborazioni che lo vedono più o meno protagonista (da Greater Saga e Without Belonging con Jon Borges a Roman Torment con Evan Pacewicz, passando per Rainbow Blanket, Deep Jew e altri ancora).
Fra i più fortunati ma meno noti c'è senz'altro il progetto Marble Sky, sette cassette all'attivo - sparse fra la propria etichetta personale (la Callow God/Agents of Chaos), Monorail Traspassing e Pathetic Legends - e ora anche un cd, "Sad Return". Esaurita l'immancabile edizione limitata con 3" aggiuntivo, ci accontentiamo comunque della canonica edizione in cd e basta, tantopiù che si tratta di una mezza ristampa. Pulling Up Grass Under Blanket e Fade erano già finite sul debutto in cassetta del 2007, limitata criminalmente a quindici copie, mentre per l'altra metà del disco abbiamo un paio di brani registrati per l'occasione. Una cinquantina di minuti per esprimere il lato più morbido e meditativo di Witscher, il quale dal canto suo dimostra comunque di aver ormai assimilato anche questo lato della propria personalità musicale. Anzi lo ritroviamo ormai sempre più spesso a suo agio ad alternare tempeste harsh-noise a droni di varia natura, fino ad arrivare a casi come questi dove sprofondiamo spesso in territori di ambient pura. I drones, infatti, a un primo ascolto non ci appaiono così insistiti e tendono a smaterializzarsi in quello che all'apparenza poi sembra un unico grande pattern cresciuto alle spalle di tutto, anche quando sono più marcati come in Dull Hue (che pure si segnala come una delle tracce più variegate del cd). Queste semplici modulazioni di synth e chitarra, quindi, non rivoluzionano nè il genere nè l'esetetica di Witscher, ma dimostrano senz'altro come una formula ormai classica (non è qui che troverete l'originalità per intenderci) possa dare ancora buoni/ottimi risultati. La linearità di Fade e il luminoso crescendo di What You Might Forget ci aprono ogni porta possibile, come se fossimo in grado di scattare istantanee anche mentre sogniamo.

p.s. Qui e qui potete scaricarvi un paio di cassette ormai esaurite.

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