12 febbraio 2008

Barbara – "Peger" (HCB, 2007)

HCB (Heart & Crossbone) e Topheth Prophet sono due etichette gemelle di nazionalità Israeliana -di Tel Aviv la prima, di Ra'anana la seconda- che raccolgono il meglio della scena alternativa locale.
HCB si occupa principalmente di metal e noise mentre Topheth Prophet traffica con materiali post industriali; nel catalogo di quest’ultima, infatti, ci trovate pure qualche nome piuttosto noto, come ad esempio quello di Albin Julius Martinek AKA Der Blutharsch (…).
In questa sede andiamo a parlare di una delle ultime uscite HCB, ovvero di “Peger” (“carcassa” in ebraico) dei Barbara.
Come nel caso dei Grave In The Sky, anch’essi su HCB, Barbara propongono una miscela piuttosto personale di grind, black e suoni “altri”, identificabili, questi ultimi, come derive ultra estreme di stilemi noise-free jazz. Vengono in mente a tal proposito formazioni della foggia di Trumans Water, Lightning Bolt, Flying Luttenbachers (quelli di “Gods Of Chaos” soprattutto) e finanche Naked City in quei frangenti dove la struttura tende a disfarsi, senza peraltro mai trasformarsi in caos puro. Ora, prima di descrivervi per sommi capi le caratteristiche salienti di “Peger”, vi pregherei di lasciar perdere le recensioni che si trovano in giro, soprattutto quelle scritte da true black metal fan incappucciati perennemente alla ricerca di suoni che perpetuino la tradizione. Si, quelle recensioni sono quasi tutte negative o al meglio fanno passare “Peger” come un’eresia (Striborg sa bene cosa significhi ciò), additandolo a mo’ di pericoloso rifiuto tossico.
Qui c’è poca tradizione e molta contaminazione invece, nella scia di formazioni che stanno cercando, per quanto possibile, di svecchiare un certo tipo di sintassi. D’altronde le teste che emergono dal mucchio sono le prime ad essere tagliate, e di questo Barbara sono perfettamente coscienti.
Allora, così come nel caso dei già citati Grave In The Sky, dei Mahakala o dei cinesi Hyponic, nel suono dei Barbara la componente trance/psichedelica è decisamente prominente, e va a costituire una cappa di fuliggine radioattiva invero parecchio disturbante. In quest’ottica “Peger” suona abbastanza lo-fi. Le parti di batteria, infatti, nonostante incalzino veloci e irregolari, appaiono in penombra rispetto al resto, dando l’impressione di essere elemento quasi di contorno piuttosto che struttura portante.
Ciò non si verifica in apertura, nella feroce “Schneii”, o nell’altrettanto bestiale “Pray To Black”, dove le pelli sono percosse in modo davvero inumano. “The Feedbacker”, “Akum”, “Shimaa”, “The Philosopher Under Pressare” invece, sono attraversate da colate di feedback che avviluppano nel flusso le asperità percussive, tramutandole in echi tribali rimbombanti in lontananza. Eppure la differenziazione del suono è proprio in questi tracciati ritmici sommessi e soffocati, basta seguirli con un po’ d’attenzione; quasi che necessitino di essere decriptati. Non è un caso che la press sheet parli di bass & drums.
Per ciò che concerne il prodotto, libretto scarno ma curato, testi sia in inglese che in ebraico, copertina suggestiva… insomma cha altro pretendere da un oggetto del genere?

3 commenti:

VM ha detto...

Albin Julius su un'etichetta ISRAELIANA??? Lui? LUI?
Non ci sono più i nazisti di una volta...

Antonio Ciarletta ha detto...

Non c'è più religione!

Anonimo ha detto...

David Opp è il re mida del rumore truzzo. Un grande, però ai Barbara preferisco Lietterspich e anche Cadaver Eyes!

Complimenti per il blog - e saluti a chi mi conosce ;)

Valerio (non Mattioli)